QUANDO E DOVE
Nellalto medioevo non erano mancate, in Occidente, le epidemie: per quel che sappiamo,la cosiddetta "Peste giustinianea" aveva inferto duri colpi, anche se in modo non uniforme ; il flagello era endemico nel Medio Oriente e ancora più a est; è anche possibile che i mongoli, secondo le accuse mosse a loro carico, avessero volontariamente catapultato al di là delle mura di Caffa,alcuni cadaveri di appestati. Oggi però sappiamo che non è così.Ai primi di Ottobre del 1347 le navi genovesi sbarcarono a Messina il loro carico e i loro malati. Nelle settimane seguenti il contagio fu fulmineo, e investì tutta lItalia; in Dicembre unaltra nave portò il morbo a Marsiglia.
Da allora ne possiamo seguire la marcia implacabile, favorita dalla stagione calda: nel Giugno del 1348 la peste è a Parigi, a Dicembre raggiunge la Manica e i Paesi Bassi, nel 1349 devasta la Gran Bretagna e passa in Germania e in Austria; nel Dicembre dello stesso anno è in Scozia e in Scandinavia, e invade anche l Europa atlantica, i Pirenei e la Spagna.
Dopo un così duro colpo, ritorna nel 1360 per falciare i più giovani, forse aggravata da febbri, infierisce per due anni, quindi scompare per riapparire brutalmente nel 1368, nel 1369, nel 1370, e ancora dal 1375 al 1378, dal 1380 al 1383 e dal 1399 al 1400; nel 1418 un suo nuovo assalto risulta tanto più nefasto in quanto si era un po persa l abitudine alla sua presenza, peraltro rimpiazzata dal tifo e dalla dilagante pertosse del 1408: la peste conosce ormai quasi cento anni.
LA POPOLAZIONE
Il bilancio della peste Nera è talmente tragico che il
livello demografico della prima metà del Trecento verrà
raggiunto nuovamente a fine Cinquecento, e solo nel Seicento la
popolazione europea incomincerà a crescere. Emblematico il caso
di Volterra.
Il morbo è selettivo: gli adulti sono colpiti per prima, ma toccherà poi, a maggior misura, ai bambini e infine ai poveri, meno nutriti e ammassati, sono le vittime più frequenti. Qua e là ci troviamo di fronte a dati agghiaccianti: a Givry, nel 1348, muoiono 750 dei 1800 abitanti del villaggio; a Firenze perde la vita dal 30 al 40 per cento degli abitanti. In oltre è importante ricordare che su 80 milioni di individui presenti in Europa, 25 milioni morirono colpiti dall epidemia.
Dati sicuri sui vuoti demografici provocati dalla peste non esistono, ma è certo che la popolazione italiana venne dimezzata, e che l età media passò dai 34 ai soli 17 anni.
LA FEDE
Impotenti di fronte all epidemia molti furono gli uomini che invocarono la clemenza e il perdono di Dio. Basti infatti pensare che nel corso del 1348, la parrocchia di Saint-Germain, ricevette ben 419 donazioni, contro le 78 incamerate negli otto anni precedenti. Altri invece reagiscono in modo opposto. Convinti dell imminenza della fine, abbandonano ogni inibizione e si dedicano a tutte le pratiche contrarie alle leggi di Dio.
Coloro che rimanevano vicino ai malati volevano da uno a tre fiorini al giorno, ed in aggiunta , il denaro per le spese delle cure. Solamente i preti ed i frati andavano nelle case dei ricchi per le celebrazioni funebri, e venivano talmente pagati che molti di loro diventarono ricchi.
LA FAMIGLIA
L epidemia disgrega poi l unità famigliare. Durante la peste cessano, sotto l urgenza degli eventi, tutti quei riti funebri che rendono in qualche modo sopportabile la dipartita di un congiuro.Ad Avignone i cadaveri vengono gettati direttamente nel Rodano.
Spesso i figli fuggivano lasciando insepolti i cadaveri dei genitori, ed i genitori abbandonavano i figli in preda alla febbre.
Le persone cercavano di salvarsi scappando, tanto che le case rimasero presto deserte, e solo i cani rimasero a fare la guardia.
Il "modello famigliare" accelera la propria
decadenza: ci si sposa più tardi (intorno ai ventidue anni;
molti sono coloro che si dedicano alla prostituzione e per quanto
concerne il numero di figli per ciascun nucleo famigliare, si
registra un vero e proprio crollo.
CITTA ED ECONOMIA IN DEPERIMENTO
LA VITA NELLE CASE E NEI CAMPI
In Italia, e particolarmente in Liguria, era scoppiata una gravissima pestilenza.
In una casa dove vi era un malato gli altri abitanti morivano della stessa malattia dopo poco tempo e qualsiasi cura era vana.
Anche gli animali come le persone si ammalavano di quella terribile malattia.
Nei campi non si sentiva una voce, nei pascoli i pastori non fischiavano più, i lupi non assalivano le pecore, le galline e le oche non avevano più alcun pericolo da temere. I seminati passato il tempo del raccolto, aspettavano il mietitore, le vigne cadute ormai le foglie, restavano cariche della loro uva.
Una città raggiunta dalla peste è una città fantasma, case vuote o sbarrate, saccheggiatori, botteghe inoperose, strade infestate da cadaveri, grandi fosse comuni.
Nessuno andava più in giro, non si vedevano più ne assassini ne banditi, eppure i cadaveri dei morti non si potevano contare. I luoghi prima adibiti ai pascoli furono trasformati in cimiteri, e le case dove vivevano gli uomini, divennero covi di belve.
Tutta la città, non aveva altro da fare se non
portare i morti a seppellire.
RIMEDI CONTRO LA PESTE NERA
I medici non si trovavano più, perché anche loro morivano come gli altri. Quelli che si trovavano volevano essere pagati profumatamente. Loro toccavano solamente il polso del malato, ne vedevano l urina.
Non si seppe come affrontare difese efficaci, difese preventive che valessero a scongiurare il pericolo. L emergenza suggerì comunque disposizioni seppure non eccessivamente efficaci, che costituirono il primo nucleo di provvedimenti: questi provvedimenti consistevano nel non accogliere ammalati o persone provenienti da zone infette, una maggior sorveglianza alle porte della città e proibizioni di vendita di oggetti usati, provenienti da defunti o sottratti alle case di ammalati.
I medici consigliavano il lavaggio con aceto ed acqua, o la purificazione dell aria con fumi di legni odorosi.
Era importante, ancor prima di essere contagiato, purgarsi con pillole d' aloe; diminuire il sangue con la flebotomia e sostenere il cuore con frutti e cose di buon odore, infine confortare gli uomini con bolo di Armenia e contrastare la putrefazione con sostanze acide. Per quanto attiene alle cure si facevano dei salassi e delle evacuazioni, degli sciroppi cordiali; e gli accessi esterni venivano portati a maturazione con fichi e cipolle cotte, tritate e mescolate con lievito e burro; poi venivano incisi e trattati con la cura delle ulcere. I carbonchi erano trattati con ventose, bruciate ed incise sulla superficie.
In figura:afflusso di bare nel camposanto di Tornai, in Francia, miniatura da "La peste" di Tornai di Gilles le Muisit, 1349.Bruxelles, Bibliothèque Royale de Belgique. La peste imperversa, e gli improvvisati becchini non riescono a tenere il passo con l ininterrotto afflusso delle bare.
FORMAZIONE DEL MEDICO, IL MEDICO E LA PESTE NERA
Chi voleva conseguire una buona formazione come medico doveva onorare il suo maestro; lo doveva stimare ed essergli devoto come ai genitori.
Quando il maestro intraprendeva l istruzione di qualcuno, doveva accertarsi che esso fosse degno delle sue disposizioni ed insegnamenti.
Il maestro doveva insegnare ai meritevoli senza uno stipendio e con assiduità.
Non doveva insegnare formule di lozioni nocive e non doveva neppure insegnare a procurare aborti. Un medico, quando visitava il malato non doveva orientare il suo cuore verso la moglie, non soffermare gli occhi sulla figlia o sulla serva: ciò infatti secondo l uomo medievale accecava il cuore.
Egli solo, doveva essere al
corrente della malattia che gli era stata confidata: talvolta
infatti il malato rivelava al medico ciò che invece si
vergognava di confessare ai famigliari.
Doveva allontanare la propria mente dalla lussuria, e doveva guardarsi dalle inebrianti delizie del mondo che disturbavano la mente e rafforzavano i vizi del corpo. Un medico medievale doveva trovare profitto dalle lezioni senza annoiarsi cosicché, se gli capitava di perdere i libri, la memoria gli poteva venire in aiuto. Non doveva normalmente essergli di fastidio visitare malati di qualunque tipo così da essere sempre più abile nella pratica.
Doveva essere umile, di buon carattere, amabile. Ai malati poveri dovevano prestare gratuitamente le loro cure. Se il medico stesso però si trovava in condizioni di bisogno, poteva accettare i doni che gli venivano offerti.
LA POVERTA, L IGENE, GLI EBREI
I MENDICANTI E LA POVERTA'
Una moltitudine di poveri! Ecco l esclamazione che si ripete con monotonia ostinata, nelle testimonianze storiche di tutto il Medioevo.
Varie erano le funzioni di questa affermazione: essa doveva motivare la necessità di fare l elemosina e di compiere buone azioni il più spesso possibile, doveva mettere in evidenza i meriti delle istituzioni di soccorso ai bisogni e dei singoli dottori di elemosine, dovevano infine suscitare paura e terrore.
La campagna è una fabbrica di poveri; ma finché questi poveri resistono nell ambito delle strutture agrarie e comunali, essi continuano ad appartenere all organismo sociale, non si pongono ai margini della società.
Finché vivono in posti fissi, condividono le sorti dei loro villaggi e vi si procurano il minimo vitale. Certamente stanno solo ad un passo dalla fame: ma, d altra parte, sulla vita dell intera comunità contadina del Medioevo pesò sempre la minaccia della fame. I processi di stratificazione sociale nelle zone in cui si sviluppa l economia basata sullo scambio di merci e sul denaro determinano una popolazione molto avanzata; ne troviamo una conferma nei catasti fiorentini. Sorge così un ceto di contadini adagiati, che posseggono poderi abbastanza vasti e sviluppano culture cerealicole, tuttavia la campagna è soprattutto fornitrice e serbatoio di gente superflua.
Le recenti ricerche hanno provato che l emigrazione verso i centri urbani riguarda in Italia anzitutto i ceti agiati della popolazione rurale; tuttavia anche i contadini poveri affluiscono ininterrottamente nelle città, desiderosi di trovare mezzi di sussistenza. Quando tale afflusso è graduale, il mercato di lavoro delle città assorbe lentamente i nuovi venuti, e il loro processo di adottamento sociale si svolge senza gravi difficoltà; ma quando l ondata migratoria cresce e diventa sempre più violenta, le strutture urbane si oppongono all accoglimento di coloro che abbandonano le campagne.L elemosina sembra in un primo momento una soluzione provvisoria, ma con l andare del tempo essi devono rassegnarsi a vivere ai margini della società. Nelle deliberazioni senesi del 1302 il numero di poveri viene valutato a oltre 15.000 mentre l intera popolazione della città conta probabilmente fra 20 e 25.000 individui, e dopo la peste nera quando aumentò l immigrazione del contado, il numero dei vagabondi sarebbe ancora aumentato.
GLI EBREI
Tra il 1348-49 non fu solo l Italia flagellata dalla peste ma tutta l Europa che ne uccise circa un terzo della popolazione, questi fece si, grazie anche alle limitate conoscenze scientifiche, che gli uomini cominciarono a cercare, un capro espiatorio: gli ebrei. Essi vennero accusati di aver diffuso la peste avvelenando fiumi, pozzi, laghi; venne inoltre attribuita a loro la causa della morte di Cristo; iniziò in questo modo la loro persecuzione che si compì con il massacro avvenuto a Stoccarda nel 1348.
LA VERA CAUSA DELLA PESTE : L ' IGIENE
In realtà la peste si diffuse per tutt altri motivi: questa malattia, in verità, è fondamentalmente dei ratti e dei roditori selvatici e solo accidentalmente umana. La peste ha come unico veicolo di trasmissione la pulce, la "yersinia pestis", in grado di inoculare con la sua puntura il germe responsabile, trasferendolo da un roditore ammalato a uno sano ed eventualmente all uomo. Il responsabile delle pesti medievali è stato un ratto del tipo " Rattus Rattus ". Vi era poi la pulce la quale aveva bisogno di particolari condizioni ambientali per la sua sopravvivenza e cioè: 15° o 20°C di temperatura e un umidità del 90-95%.
La vita nelle città, era capace di favorire la proliferazione di topi, di pulci e di pidocchi. Questo a causa delle scarse misure igieniche, la povertà, creavano l ambiente per lo sviluppo dei parassiti. Le scorte granarie ammassate nei granai pubblici e privati offrivano sicuro rifugio ai topi.
La carestia fattasi particolarmente grave nella primavera del 1347, costrinse ad organizzare la distribuzione di pane ai poveri.
Nel 1375 a Torino in seguito ad un inverno particolarmente rigido e per il numero
sempre maggiore dei poveri, il vescovo della città, Giovanni di
Rivolto, chiese al comune che venga organizzata una distribuzione
quotidiana di pane e vino ai poveri.
La malnutrizione portava poi un indebolimento generale del
fisico, un abbassamento delle difese immunitarie e una maggior
esposizione alle malattie. L acqua potabile scarseggiava,
non ci si lavava a sufficienza e il tifo esantematico favorito da
una scarsa igiene ne fu prova dolorosa.
Sono misure di carattere provvisorio e immediato, cui si rinuncia non appena la congiuntura economica migliora. Nei tempi difficili, ed in particolare quando scoppia un epidemia o quando se ne delinea la minaccia, vengono emanatedisposizioni speciali riguardanti i poveri. Si raccomanda ai mendicanti di farsi ricoverare negli ospedali invece di vagare per le vie cittadine e talvolta si ordina loro di abbandonare la città oppure si cerca di sottoporre i mendicanti al controllo di una determinata istituzione. Nella pratica sociale del Medioevo ai poveri spetta una parte determinata, essi sono indispensabili perché facilitano la redenzione dei peccati e la salvezza dell anima.
CONCLUSIONI FINALI
La "Morte Nera" lasciò una tragica eredità: se stessa.
Nei due secoli successivi al 1347, a Parigi, ma anche in altre città, in media si verificò un epidemia ogni otto anni, anche se nessuna eguagliò mai la violenza della prima.
In definitiva, fino alla fine del 600
qualunque cittadino europeo che avesse raggiunto i trent
anni d età è scampato, almeno una volta, alla terribile
e imminente PESTE NERA.
BIBLIOGRAFIA: I libri utilizzati dai quali è stato preso spunto per svolgere e stendere questa relazione sono i seguenti